Avete mai assaggiato il gadus morhua, pesce della famiglia dei Gadidi, ordine dei Teleostei, sottordine degli Anacantini?Non affrettatevi a dire no, oppure boh. E’ quasi certo che lo avete mangiato più di una volta, perché dietro questo nome complicato si nasconde il comunissimo merluzzo.E’ possibile invece che non lo abbiate mai visto vivo, e forse neppure intero, sul banco di una pescheria. Allora eccone l’identikit: è verdastro, con delle macchiette gialle sul dorso e una linea laterale bianca lungo tutto il corpo. Il ventre è bruno. Lunghezza: fino al metro e mezzo. Peso, fino a 50 kg. Finchè sta in acqua, si chiama merluzzo. Quando viene spinto ad uscirne dalle sottili arti degli uomini: quando cioè viene pescato con appetitose esche a base di calamari o di altri pesci, cambia due cose: lo stato esistenziale (da vivo a morto), e il nome. Perde quello di prima (merluzzo), e ne prende un altro. Anzi due: a seconda di come viene trattato.Se viene subito pulito, messo in un barile e coperto di sale, è chiamato baccalà. Dalla parola fiamminga kabeljaw, che vuol dire bastone di pesce. Il sale serve per tirar fuori dalle sue cellule l’acqua: quindi per essiccarlo, allo scopo di conservarlo a lungo.Il baccalà è insomma il merluzzo pulito, deliscato, salato e imbarilato. Se invece, dopo la pesca, il merluzzo viene lasciato ad essiccare all’aria fredda, diventa stoccafisso: da stock, legno, e fish, pesce. Alias bastone di legno, chè tale appare per la sua durezza. Qualcuno sostiene che la parola provenga dal norvegese Stockfish: pesce da stoccare: da immagazzinare.Dove lo si trova? Il territorio più ricco di merluzzi è il cosiddetto “Grand Bank”: una piattaforma continentale di ben 3.500 kmq. situata nell’Atlantico Settentrionale, al largo di Terranova e delle coste del Labrador.In quelle acque poco profonde la tiepida corrente del golfo si incontra con l’acqua fredda del Labrador, dando vita a una splendida piscina particolarmente gradita ad alcune specie di pesci di cui i merluzzi sono ghiotti.Di questo giacimento di merluzzi diede notizia per primo il grande navigatore Giovanni Caboto, che nel 1497, cercando una rotta più settentrionale di quella seguita da Colombo, ci finì proprio in mezzo.La pesca indiscriminata di merluzzi che si è fatta per secoli ha oggi provocato un tale assottigliamento dei branchi e dei banchi, da spingere da qualche anno i canadesi a vietare la pesca nelle proprie acque. Sono perciò tornati in auge i giacimenti di merluzzo presenti al largo dell’Islanda.Nel Mediterraneo si pesca invece il nasello: una varietà di merluzzo meno pregiata, che non ha mai l’onore di diventare baccalà, e neppure stoccafisso: si mangia fresco, o congelato.Perché il merluzzo è così importante?Economico, abbondante (ogni femmina depone tre milioni di uova per volta!), nutriente, dieteticamente prezioso (i pochi grassi che ha sono grassi insaturi, che invece di far male fanno bene), non deperibile, facilmente trasportabile: basterebbero queste qualità per giustificare il fatto che, per assicurarsi il mercato del merluzzo, dei paesi civili si sono presi per secoli (e continuano a farlo) a pesci in faccia.Ma c’è di più: il merluzzo è l’omologo acquatico del maiale, perché di lui non si butta via niente.In Norvegia, patria dei Vichinghi inventori dello stoccafisso, la testa del merluzzo viene bollita. Anche da quelle parti, i genitori sanno che per i loro figli le lingue sono importanti: è per questo che affidano a loro il recupero della lingua dei merluzzi, sempre che abbiano finito i compiti. La lingua è infatti considerata una vera ghiottoneria, mentre le guance vengono fritte in pastella.Le uova di merluzzo, lessate nella loro sacca, si mangiano affettate: il fegato, cotto in salsa. L’olio di fegato di merluzzo lo si prende perché contiene molte vitamine.Per buttarlo giù, per via dell’odore (e del sapore) nauseante, ci vuole comunque del fegato.Lo stomaco del merluzzo viene spedito in Giappone: là ci infilano dentro degli altri pesci, e poi lo usano per il sushi. Pochi sanno che lo stomaco del merluzzo viene cucinato anche in Calabria e in Sicilia.In Islanda, del merluzzo non buttavano via neppure la pelle: sostituiva il pane, che a quelle latitudini, non potendosi coltivare cereali, non c’era (non c’è neppure adesso, ma viene importato). Fritta o arrostita, e spalmata di burro, la pelle del merluzzo era la merenda preferita dei bambini islandesi, povere anime.Conciata come il cuoio, la pelle veniva usata pure per confezionare borse.Cane non mangia cane, ma pesce mangia pesce: l’intestino macinato del merluzzo viene dato in pasto ai salmoni d’allevamento. Oggi il merluzzo è l’ingrediente base per il famoso “fish and chips”, che ancora si consuma in Inghilterra, per i fishburgers e per i bastoncini di pesce, per i quali spesso viene impiegato il merlano o eglefino, un merluzzo dell’Oceano Pacifico: una varietà meno pregiata rispetto al gadus morhua proveniente dall’Atlantico.
dal sito ufficiale del Baccalà: www.baccalà.it